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CTH 489

Citatio: F. Fuscagni (ed.), hethiter.net/: CTH 489 (INTR 2011-08-30)

Rituale di nascita: „Quando una donna resta incinta“ (CTH 489)

Testimoni:

Esemplare

Edizione

Nr. inventario

Luogo di ritrovamento

A

A1

ABoT 1.21

AnAr 8349

--

A2

+ KBo 17.65

+ 1660/c

Bk. A, Raum 5, Nordteil, Tabl.-Schutt

+ 2090/c

Bk. A, Raum 5, Nordteil, Tabl.-Schutt

+ 1732/c

Bk. A, Raum 5, Nordteil, Tabl.-Schutt

+ 1741/c

Bk. A, Raum 5, Nordteil, Tabl.-Schutt

+ 487/b

Bk. A, Raum 5, T.-Schutt, nordwestliches Viertel

+ 2586/c

Bk. A, Raum 6, Nordteil, Tabl.-Schutt

+ 2078/c

Bk. A, Raum 5, Nordteil, Tabl.-Schutt

A3

+ KBo 39.45

+ 27/c

Bk. A, Raum 4

A4

+ FHG 10

+ MAH 16871

--

A5

+ ABoT 1.25

+ AnAr 9153

--

B

B1

KUB 44.59

Bo 315

--

B2

(+) unpubl.

(+) Bo 5831

--

Bibliografia

Laroche 1951, 189-190 – Beckman 1983, 132-175 – Cohen 2002, 67-70 – Haas 2003, 131, 775, 778 – Groddek 2004, 49 – Miller 2004, 517-519 – Trémouille 2004, 168-169 – Mouton 2008, 109-122 – Wilhelm 2008, 23-24 – Klinger 2010, 184-187.

Editionsgeschichte

Per quanto riguarda il testimone A, i primi due frammenti, AnAr 8349 e AnAr 9153 sono stati pubblicati da K. Balkan nel 1948 rispettivamente come ABoT 1.21 e ABoT 1.25 e già allora identificati come “Geburtsrituale”. Successivamente E. Laroche in RA 45 (1951), 193 pubblicava in autografia MAH 16871 come FHG 10, frammento conservato al “Musée d'Art et d'Histoire de Genève” e proveniente, come specificato dallo stesso Laroche nell'introduzione, dagli scavi di Bittel, senza però che fosse noto il luogo di ritrovamento. In seguito con la pubblicazione dei frammenti provenienti dagli scavi di Bittel del 1932 e del 1933 come KBo 17.65 da parte di H. Otten nel 1969, la tavoletta è stata ricomposta e riprodotta in autografia con tutti i frammenti, ad eccezione di MAH 16871. Un ulteriore frammento, 27/c, è stato pubblicato da H. Otten e Ch. Rüster nel 1995 come KBo 39.45.

Dato che più della metà dei frammenti, sei per la precisione, provengono dalla stanza 5 dell'edificio di Büyükkale, si può ovviamente suggerire che proprio questo fosse il luogo in cui il rituale era originariamente conservato.

Non è invece noto il luogo di ritrovamento dei due frammenti che compongono l'esemplare B, qui proposti in join per la prima volta.

Contenuto

Il rituale di nascita restituito dal testimone A è una grossa tavoletta di un colonna per lato, composta da 55 righe sul Recto 64 sul Verso. Il testo è databile all'epoca media-ittita – probabilmente ductus IIb – come mostra in modo inequivocabile la costante legatura di A+NA, la forma di segni come per esempio ḪAR, AK, KI, in varianti indubbiamente medio-ittite, l'uso frequente dalla scriptio plena.

Il testimone B. è invece un copia di epoca-imperiale, con un classico ductus IIIb.

Nonostante i numerosi frammenti che compongono la tavoletta, il testo è in gran parte lacunoso e in più casi sono necessarie ampie integrazioni che non sempre sono comunque possibili.

Come già notato in Beckman 1983, 146, la tavoletta sembra contenere due rituali di nascita su ciascun lato, in parte analoghi, che, in alcuni punti, si possono integrare a vicenda. Che si tratti di due rituali distinti può essere adesso confermato grazie anche a Bo 5831, che corrisponde soltanto al rituale riportato sul Recto di KBo 17.65. Si noti inoltre che l'esemplare B. sul Verso è scritto soltanto per un totale di 32-33 righe, oltre al colofone, ed è quindi probabile che seguisse un ampio spazio bianco fino al termine della colonna. È quindi evidente che si è tratta proprio di una scelta da parte dello scriba di copiare uno solo dei due rituali conservati in KBo 17.65. È semmai singolare che nel colofone si sia stata lasciata la dicitura IM.GÍD.DA “tavoletta lunga” che si adattava molto bene al testimone A. che come si è detto è una tavola piuttosto grande, ma non all'esemplare B., che è sicuramente di dimensioni più ridotte.

Il testo presenta molte caratteristiche particolari che Beckman 1983, aveva già messo in parte in evidenza, anzitutto la descrizione relativa alle varie attività da svolgersi o ai determinati comportamenti da tenersi durante il periodo di gestazione e subito dopo il parto, a seconda che si tratti di un bambino o di una bambina. Particolarmente degni di nota appaiono anche i riferimenti a rituali o feste, legati all'ambito kizzuwatneo, che risultano scritti su altre tavolette (cfr. §12, §14, §30)1. Secondo Beckman 1983, 147-148, seguito anche da Mouton 2008, 120-121, la composizione contenuta in KBo 17.65+ sarebbe “a compilation of several earlier, closely related, tablets, which were in part copied exactly, without regard to the new context”, anzitutto in considerazione della presenza dell'annotazione QATI “finito” in Vo. 60. Le osservazioni di Beckman sono almeno in parte certamente condivisibili, anche se la suddetta annotazione QATI, sembra piuttosto riferirsi al fatto che con Vo 59 termina il rituale propriamente detto, al quale seguono quindi due sezioni, volutamente tenute separate dal resto della composizione – una che si trova alla fine del Verso, racchiusa tra doppie linee di paragrafo e l'altra scritta sul bordo sinistro –, in cui si elenca la materia magica che occorre alla donna durante il rituale, e che è probabilmente comune a entrambi i rituali.

Forse più che parlare di una compilazione risultante da tavolette più arcaiche, strettamente connesse tra loro, si potrebbe parlare di una composizione che contiene delle prescrizioni “standard”, da applicare nel caso di una donna incinta. Entrambi i rituali risultano del resto coerenti nelle varie parti2, qualora invece accettassimo in toto l'ipotesi di Beckman, sarebbe facile imbattersi in una disomogeneità interna del rituale. Inoltre dal momento che il rituale è databile all'epoca medio-ittita e, inoltre, è indubbiamente legato all'ambito dell'Anatolia sud-occidentale, sia per la menzione di termini rituali hurriti (cfr. kolon 18, 120, 129, 137, 199) sia per il riferimento a Kizzuwatna (kolon 72, 193), difficilmente potrà derivare da tavolette più arcaiche, proprio perchè l'influenza culturale di quella regione inizia a farsi sentire a partire dai regni di Tuthliya I/II e di Arnuwanda I, a cui rimanda certamente la paleografia del testo. Il fatto poi che l'autore del rituale ammetta di non conoscere a memoria come recitare la “festa della nascita” (EZEN4 ḫaššannaš; cfr. kolon 68 e 189), può essere indice della 'novità' del rituale, per cui non vi era ancora una completa padronanza della struttura del rituale e delle sue 'interconnessioni'.

© Universität Mainz – DPHT – Rituale / Institut für Ägyptologie und Altorientalistik

1

Per un altro riferimento a testi contenuti su tavolette separate (nel caso specifico si parla di un incantesimo), cfr. KBo 17.62+KBo 17.63 Ro. I 12'-13' (CTH 409.III).

2

Il §13, l'unico che sembra effettivamente separato dal contesto generale, è probabilmente da interpretarsi come un'annotazione scribale che potrebbe sicuramente essere meglio compresa qualora ci fosse giunto il rituale festivo cui si fa riferimento nel paragrafo precedente.


Editio ultima: 2011-08-30






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